Nina ha tre anni e mezzo.
Nina ha iniziato poco più di una settimana a frequentare la scuola materna.
Nina fino a tre giorni fa prendeva ancora la tetta, quasi tutti i giorni, per addormentarsi al pomeriggio.
Nina parla molto bene e ieri uscita da scuola mi ha detto: “Mamma, oggi non voglio la tetta, anzi, non la voglio più ora, sono grande, non ne ho più bisogno”.
Sapevo, e da un lato speravo, che l’inizio della materna avrebbe aiutato in questo passo, ma temevo che sarebbe stato comunque un motivo di tristezza per me, con la consapevolezza che sarebbe stato un ultimo felice allattamento che volgeva al termine; invece no.
Digerita la notizia e il modo estremamente grande e maturo con cui quell’esserino di tre anni e poco più me l’ha data, l’unica sensazione rimasta è stata di enorme gratitudine e di grande orgoglio.
Ripenso al nostro percorso, fatto di nottate sveglie e a volte di pianti ininterrotti (miei e suoi), di come abbiamo dovuto negoziare, relazionarci continuamente per aggiustare la rotta, perché questo tuo tettare fosse soddisfacente per te e non troppo snervante per la mamma.
Perché tu, piccola idrovora felice, a 10 mesi hai iniziato a disinteressarti quasi completamente del mio seno, la pappa solida ti piaceva decisamente di più, soprattutto se rubata direttamente dal piatto di tua sorella, per tettare c’era il tuo amato pollice.
Poi dal giorno alla notte (o con l’arrivo dell’estate e delle canottiere scollate aperte sulle tette di mamma) hai deciso che preferivi tettare addosso a me, con il tuo latte caldo che “sa di fragola” (come mi dicevi tu sempre senza nemmeno conoscere il noto libro) che ti aiutava a rilassarti.
E lì sono iniziati i guai (per me): attaccata alla tetta, giorno e notte, in ogni luogo e situazione, guai a provare a mettermi in costume. Eri stanca? Tetta. Un luogo nuovo? Tetta. Una caduta per terra? Tetta. Ti stavi annoiando? Tetta. Passavi per caso vicino alla tetta? Tetta!
Finché un giorno ho pensato “Basta, io così non ce la faccio più!” Togliamo almeno le innumerevoli poppate di notte.
Perché l’allattamento è un valzer o un tango o comunque una danza di coppia (non sono ferrata su queste cose) e se non si balla in armonia si inciampa. Sono state nottate intense, pesanti, strazianti a volte, in cui ogni volta mi chiedevo se era la strada giusta, ho capitolato poi sono tornata sui miei passi finché abbiamo trovato di nuovo il nostro equilibrio.
Perché allattare è proprio così, una continua ricerca di equilibrio tra due corpi in movimento su una fune sottile sottile, è un continuo negoziare, ascoltarsi e cercare di adattarsi a vicenda. Perché sì, anche tu nanerottola di appena due anni, tra i pianti della mamma e i pianti tuoi di rabbia alla fine ti sei adattata e hai capito che se la mamma era più serena e riposata il lavoro di mamma le veniva meglio.
Temevo che avrei dovuto fare un atto di forza per togliere questo “vizio”… eh si, perché non basta la stanchezza e l’impegno continuo a riadattarsi nella relazione, ci si mettono anche tutti i giudizi esterni che appena scoprono (come se fosse un’ onta da tenere nascosta) che a tre anni (TRE ANNI!!!) tua figlia si attacca ancora al seno, partono con le filippiche del
“ma è grande”, “ma ne hai ancora di latte?”
(no, ma secondo te, dopo tre anni ancora latte??? guarda, sono passata alla produzione di birra artigianale, d’altronde, sai, il latte materno si modifica con l’età del bimbo per andare incontro alle sue esigenze, come prossimo passo pensavo di produrre mojhito)
“ma staccala!!!”
(scusa, ma mia figlia ti pare forse una zecca???)
“beh, ma non si può vedere un bimbo così grande che tetta ancora”
(bene, non vuoi vederlo? Girati dall’altra parte!)
e tante che sicuramente mi sto dimenticando…
Invece no, invece ancora una volta la mia bambina mi ha mostrato quali grandi competenze hanno i bimbi, se solo si sanno rispettare e ascoltare.
Mi sento orgogliosa e mi sento cresciuta.
Sì, bimba mia, hai capito bene, non cresci solo tu col mio latte, anche tu hai fatto crescere me. Hai fatto crescere ancora di più in me la consapevolezza che rispettando i tempi, dando fiducia e rispetto ai bambini questi cresceranno con serenità e sicurezza, quella che mi hai mostrato tu ieri con quelle tue parole da adulta “non ne ho più bisogno”, perché ti sei saziata di questo tipo di coccole e di questo nutrimento per l’anima. E ora lasciamo spazio ad altri tipi di coccole, a tutto l’amore che abbiamo ancora bisogno di darci l’un l’altra, che semplicemente cambierà con noi due, mentre cambiamo anche noi due, ascoltandoci a vicenda, non solo con le parole, ma anche con la pelle, perché stiamo crescendo insieme.
Ti voglio bene,
Mamma