Storie di Latte – SAM 2018 – Una storia al giorno – #17 – Valentina

Io ho avuto 2 figli, esperienze diverse.

Nel primo (cesareo d’urgenza con ricovero del neonato) il latte sufficiente per lui è arrivato dopo più di mese ma nel frattempo non mi sono arresa e tiravo il latte ogni 4 ore a seno per 15 minuti anche se non usciva niente, poi col paracapezzolo ,fino a che finalmente si è attaccato. Nel secondo figlio (cesareo programmato senza nessun problema per il neonato) ero più SERENA e la montata lattea è arrivata subito, tanto che le ostetriche hanno dovuto svuotarmi le mammelle manualmente… poi però a seguito di infezione e prolasso della mamma con uso di lassativi che andavano nel latte, ho sospeso con molto dispiacere.

Posso dire con certezza che ogni donna può allattare. Basta VOLERLO (come quando ci si vuole laureare!) e essere SERENI.

Valentina

Storie di Latte – SAM 2018 – Una storia al giorno – #16 – Monica

Ogni storia è unica.

Ogni esperienza è diversa dalle altre.

Ma tutte le storie e tutte le esperienze hanno sicuramente un denominatore comune: l’amore.

Il 23 Aprile 2015 è nata la mia pulcina.

Una fagottina morbida e piena d’energia di nome Rebecca che ha subito riconosciuto le mie braccia, il mio calore e l’odore di una mamma appena nata.

L’istinto l’ha subito spinta ad attaccarsi al mio seno, ma non è stato facile e immediato all’inizio… per entrambe.

I primi tentativi non sono andati a buon fine. I seni erano gonfi e pieni di latte e lei faticava a ciucciare perché il male che sentivo ai capezzoli mi portava a staccarla con frequenza. Nonostante tutto, non mi sono arresa. Dentro me sapevo che il latte, nettare di vita, era il suo nutrimento e riuscire ad assecondare la natura diventava per me fonte di motivazione principale. Ho iniziato ad utilizzare il paracapezzolo in silicone e la lanolina per ammortizzare il dolore iniziale. Ma la svolta è arrivata quando ho incontrato l’ostetrica Clelia, al Gruppo di Mamme Insieme di Collecchio, la quale ascoltando i miei racconti mi consiglió di interrompere l’utilizzo del paracapezzolo e della lanolina e di provare a tenere il più possibile i seni scoperti in modo da far rinforzare i capezzoli. Seguii il suo consiglio. Tutto divenne più facile e il dolore iniziò piano piano a scomparire. La mia piccola era un tutt’uno con me, senza barriere, e sentivo che questo mi faceva stare bene. Ci faceva stare bene.

L’allattamento è andato avanti fino ai due anni e mezzo di Rebecca.

Momenti unici che custodisco nella scatola dei ricordi più belli, una scatola molto preziosa per me in cui vivono tutti i RICORDI D’AMORE.

Monica

Storie di Latte – SAM 2018 – Una storia al giorno – giorno #15 – Veronica

Allattamento al seno… allattamento al seno… allattamento al seno…

Il tuo bimbo si ammalerà meno… il latte è sempre pronto… alla temperatura giusta… meno possibilità che sviluppi il diabete, malattie oncologiche, etc etc…

Allattare ti aiuterà a creare un legame con lui…

Questo è quanto mi son sentita ripetere per nove mesi…

TUTTO TERRIBILMENTE VERO!

MA…

purtroppo non sempre si può scegliere!

E così in prossimità della nascita di Paolo sono arrivati dubbi, preoccupazioni e sensi di colpa…

E che fatica, a pochi giorni dal parto, correre al consultorio per “bloccare” il latte che nonostante tutto c’era!

PERÒ…

poco alla volta io ed il mio bimbo siamo riusciti (con l’aiuto del papà) ad assaporare con grande rilassatezza ed intimità anche i momenti del biberon… momenti non solo di nutrimento fisico ma di coccole, carezze e sguardi…

E guai a chi ci disturba!

Tutto questo per dire alle mamme che hanno conosciuto periodi di malattia, di vivere e godersi appieno il loro cucciolo!

Veronica

Storie di Latte – SAM 2018 – Una storia al giorno – giorno #14 – Barbara

La mia Storia di Latte iniziò con non poche difficoltà.

Tutto cominciò dopo un parto in ospedale piuttosto faticoso per via di una mobilità ridotta degli arti inferiori, in quanto ebbi problemi di edemi, gonfiori alle gambe. Inoltre il parto fu completamente indotto in quanto purtroppo non davo alcun segno di travaglio.

Finalmente la mia bimba nacque, malauguratamente non riuscì a fare il pelle a pelle, ed essendo molto stanca per via del parto, il primo giorno lo passai prevalentemente a riposo in attesa che qualcuno mi aiutasse ad attaccare la mia bimba al seno, dopo averci riprovato più volte ma con scarsi successi.

Le ostetriche dell’ospedale che si susseguivano dicevano ognuna qualcosa di diverso e mi ripetevano di riprovare incessantemente ad attaccare al mio seno la mia piccola. Lei però si innervosiva sempre più ed io mi sentivo affranta e incapace, anche perché di colostro ce ne avevo parecchio.
Di certo non era un problema di Latte.

Così la mia permanenza in ospedale di circa 6 giorni si risolse senza successo ed iniziai a tirarmi il latte con il tiralatte elettrico per poi somministrarlo alla mia bimba con il biberon.

Arrivato il giorno della dimissione, affiorarono diversi stati d’animo: disorientamento, paura di dover passare al latte artificiale solo perché la mia bimba non riusciva o non sapeva succhiare, ansia di perdere il mio latte che in quel momento era tanto.

Giunta a casa, iniziò la mia avventura con il tiralatte elettrico, ogni 2 ore tiravo il mio latte per darlo alla mia bimba con il biberon sia di giorno che di notte e questo durò circa 10 giorni. Nel frattempo chiesi aiuto su più fronti, dalle Ostetriche volontarie che vennero a casa ad aiutarmi, all’Associazione Futura fino ad arrivare al Consultorio. Fu proprio grazie a questi ultimi che riuscii ad attaccare finalmente la bambina al seno con l’aiuto di un paracapezzolo. Ciò significava finalmente allattamento al seno e dismissione di tiralatte e biberon.

Finalmente il contatto con mia figlia si faceva più forte e stretto, potevo sentire il suo calore e il suo corpicino adagiato su di me. Ma non ero del tutto soddisfatta, il mio desiderio più grande era quello di allattare senza alcun ausilio ed interferenza come la natura vuole.

Per questo mi affrettai ad agire per rimuovere il paracapezzolo, soprattutto quando seppi che l’allattamento con il paracapezzolo a lungo avrebbe potuto portare alla scomparsa del latte della mamma e quando iniziai ad avere problemi frequenti di ingorghi dolorosi al seno, forse causati dal suo uso continuo.

Quindi non mi persi d’animo e con la stessa determinazione e caparbietà di sempre, tentai di avere più consulenze con le professionali Ostetriche del Consultorio per ottenere suggerimenti su come fare per abbandonare definitivamente il paracapezzolo, intanto mi guardavo video su YouTube sull’allattamento e iniziai a frequentare l’Associazione Futura e il Nido delle Mamme, luoghi di incontro fantastici, utilissimi per neomamme sole come me.

Dopo circa 2 mesi di continui tentativi, finalmente riuscii ad abbandonare definitivamente anche il paracapezzolo.
EVVIVA!!! VITTORIA raggiunta 🙂
Ora potevo dire di poter allattare come la natura vuole senza interferenze con il solo Amore che una Mamma può fare.

A parte il dolore iniziale dei capezzoli ancora sensibili, ero molto soddisfatta e felice di aver realizzato questo mio grande desiderio, tanto è vero che a distanza di 1 anno dalla nascita di mia figlia continuo con soddisfazione a appagamento reciproco ad allattarla.

Dono meraviglioso che si può offrire e ricevere.

Barbara

Storie di Latte – SAM 2018 – Una storia al giorno – giorno #13 – Alice

Il mio percorso di allattamento è iniziato in salita, poi, come spesso accade, le difficoltà dei primi mesi sono state superate scardinando i retaggi culturali di cui cadiamo vittime noi neo-mamme occidentali.

Mai avrei pensato di arrivare a tre anni di allattamento, lo consideravo qualcosa di assolutamente folle, mentre è stato quanto di più naturale potessi mai immaginare.

Allattare un bambino “grande” è fisiologico, contribuisce al suo benessere psico-fisico, ma anche a quello della mamma. Si tratta, attraverso innumerevoli declinazioni, di uno dei maggiori gesti di prevenzione a livello di salute pubblica ed è come tale valorizzato da tutte le più aggiornate health policy (OMS, UNICEF, Ministero della Salute). Ma è anche qualcosa di più: sono occhi che brillano, manine che frugano, dita che si intrecciano a ricci spettinati, baci sulla fronte e caldi abbracci, attimi di relax a fine giornata. Allattare un bambino “grande” è per me la più grande espressione della dicotomia tra la piena autonomia che mia figlia mostra di avere in ogni fase della sua quotidianità, ed il suo cadenzale, anche se con il passar del tempo sempre più diradato, bisogno di tornare al nido, percependo la sicurezza che solo il latte della mamma le sa dare in questo momento della sua vita. E osservare questa polarizzazione è stato uno degli aspetti più sorprendenti della mia maternità.

Alice, mamma di Gaia (3 anni)

Storie di Latte – SAM 2018 – Una storia al giorno – giorno #12 – Adriana

Care amiche di Futura,
Il mio piccolo è nato a marzo da un parto molto travagliato e difficile, dopo una gravidanza a rischio e piena di piccole insidie. Siamo stati in ospedale solo 48h e senza neanche riuscire a camminare, né aver visto con qualcuno un cambio pannolino, né aver potuto capire se si attaccava bene al seno e avendolo pesato solo dopo 24h… quindi il calo peso non è stato valutato dopo le 48h… insomma, il mio piccolo tesoro solo dopo 72h ha finalmente mangiato un biberon!!!

Gli era persino venuto l’ittero che non aveva alla nascita, e gli urati nel pisellino da quanto era disidratato… per fortuna che, dopo essere stata rifiutata in ospedale perché “ormai non è più di nostra competenza, se vi abbiamo dimesso andava tutto bene, vada da un’ostetrica, provi al consultorio…” un’ostetrica l’ho trovata e ha mandato subito mio marito a comprare il latte artificiale e un biberon! Eh, sì, perché io nella mia ignoranza ero convinta che avrei allattato facilmente e senza intoppi quindi non avevo comprato neanche un biberon.

Purtroppo però anche il biberon non riusciva a prenderlo e l’ostetrica ha capito che qualcosa non andava nella bocca del mio piccolo: la lingua ed il labbro inferiore erano storti e non riusciva ad effettuare il movimento corretto di suzione.

Sempre l’ostetrica mi indirizza da una osteopata pediatrica che nell’arco di 2 mesi e mezzo ha completamente risolto il problema di mio figlio, che nessuno in ospedale aveva visto: troppa fretta, troppi neonati, pochi medici e poche ostetriche che annaspano dietro i campanelli che suonano!

Però nel frattempo il bambino doveva mangiare e quel famoso primo biberon lo ha “bevuto” con qualche sorso che gli andava di traverso e noi con il cuore in gola, tra pianti infiniti dovuti alla fame e le mie tette che esplodevano per il troppo latte!

Piano piano, giorno dopo giorno e notte dopo notte, ragade dopo ragade, ho attaccato al seno il mio bambino, che era così irrequieto e piangeva sempre, perché il capezzolo gli scivolava e lui lo leccava e a momenti succhiava con il famoso schiocco e a momenti beveva il latte che cadeva da solo, allagando tutto! Alla soglia dei due mesi potevo finalmente dirmi soddisfatta del duro lavoro fatto, perché il mio piccolo succhiava bene, le ragadi guarivano e l’immensa fatica si stava trasformando in un’immensa gioia!

Oggi mio figlio ha 5 mesi e mezzo e vi scrivo questa storia piangendo, perché dopo tutta questa fatica e dopo questi ultimi mesi di grande gioia e amore nell’allattarlo, ho dovuto smettere, sono passata da un paio di settimane al latte artificiale piano piano e due giorni fa gli ho dato l’ultima poppata… l’ultima nostra poppata.

L’endometriosi è tornata all’attacco e non resisto più al grande dolore: devo prendere la pillola. So di aver fatto del mio meglio e aver dato il massimo che il mio corpo mi permetteva di dare, ma è comunque difficile dover rinunciare ad allattare.

Perché allattare è una ricchezza per il neonato e per la mamma!

Adriana, la mamma di Riccardo

Storie di latte – SAM 2018 – Una storia al giorno – giorno #11 – Paola

Allattare è stato prima di tutto un punto fermo. Quando Anna era nella pancia, ho sempre pensato che l’avrei allattata. Lo voglio, si può fare, punto, nessun problema.

Niente di più sbagliato, almeno per me.

All’inizio fu tutt’altro che facile, ma sicuramente quel punto fermo e quel desiderio fortissimo hanno aiutato.

Iniziò a crescere poco. Metti il fatto che forse non ho avuto una figura preparata sull’argomento al mio fianco, di fatto iniziai ad aggiungere latte artificiale. Ma, al contrario di tutto ciò che si diceva a discapito dell’allattamento “parallelo”, le giunte iniziarono finalmente a calare e il mio latte a bastare.

Iniziò poi la fase dello svezzamento e la “nanna” (come la chiama Anna) diventò sempre più un momento di coccola, di conforto e il modo migliore per addormentarsi.

Mai mi ero data un termine. Dicevo: “Quando sarà ora di smettere, smetteremo”. E mai avrei pensato di varcare la soglia dei tre anni ancora con questo pensiero nel cuore.

Facile? No, sicuramente. A volte dentro di me proprio mi dico “Basta, da domani si smette”. Bello? Sì, meraviglioso. Perché niente è più dolce che vedere i suoi occhi che piano piano si lasciano andare quando si addormenta “con la nanna”.

Oggi, compiuti i tre anni, quello che era “allattamento” è diventato un momento per noi, per addormentarci cuore a cuore. Non è certo un rapporto morboso e lei sa quando è il momento giusto.

Un giorno Anna ha detto: “Mamma, la nanna fa passare tutto: il singhiozzo, le lacrime, la gnola!”. E ok, quando è così, allora cos’altro possiamo aggiungere? Passano tutti i pensieri pesanti e la stanchezza di tre anni.

Quello che dicono gli altri? Sinceramente non chiedono nulla e anche se ci fossero commenti, non è certo un problema nostro. Per noi va bene così!

Ora, con l’arrivo del secondo pulcino, l’avventura continua!

Paola, mamma di Anna (3 anni)

Storie di latte – SAM 2018 – Una storia al giorno – giorno #10 – Diana

Ciao a tutte, sono Diana e sono diventata mamma il 27 maggio 2018 del mio piccolo miracolo Sarah. Fin da subito si è rivolta verso il seno ed era già “programmata”: lei sapeva farlo, quella che doveva imparare ero io!

Dicono che l’allattamento è molto più faticoso del parto e per certi versi è vero. All’inizio ho pensato di non avere abbastanza latte, perché il seno delle altre mamme traboccava facendo bagnare reggiseni e magliette e i bimbi stavano attaccati h24, mentre a me non succedeva (premetto di essere partita con una quinta coppa d), all’uscita dall’ospedale la mia bimba aveva perso poco peso e mi hanno mandata a casa dicendo che suzione e attaccamento erano buoni.

Prima visita del pediatra. Ero sotto antibiotico per una forte cistite appena arrivata a casa e la pediatra pesandola mi dice che è ancora in calo e che avrei dovuto darle l’aggiunta. Io non avevo comprato biberon e il necessario per un allattamento artificiale. Cercai di far capire alla pediatra che la cosa non mi faceva piacere e che desideravo aspettare ancora qualche giorno, così mi fece allattare e la ripesò dopo la poppata: aveva preso solo 30gr di latte. Senza specificare che il latte si regola nell’arco della giornata e non produce sempre la stessa quantità ogni volta, mi manda a casa fissando un nuovo appuntamento per il lunedì successivo. Lunedì, stessa storia: doppia pesata e niente da fare: dovevo darle il latte artificiale 30ml a poppata. Addirittura ricordo che il pomeriggio mi aveva chiamata per sapere se avevo preso l’occorrente e se la bimba avesse preso l’aggiunta.

Ero furiosa, arrabbiata, demoralizzata per aver un seno tanto grande che non poteva neppure sfamare mia figlia, in più quando allattavo Sarah non riusciva a mettere tutto il capezzolo in bocca e la parte inferiore non era utilizzata, ma ancor peggio era il rapporto con la tetta sinistra che aveva un capezzolo che si ritraeva appena inumidito.

Mi aveva infastidita la chiamata della pediatra, che seppur poteva mostrare interesse, non aveva dato a noi il tempo di prendere le misure e a Sarah il tempo di abituarsi alla tettarella e al nuovo metodo, perché all’inizio non voleva saperne. Senza farla lunga, Sarah inizia a prendere peso fino a prendere 300gr alla settimana, a quel punto la dottoressa mi dice di togliere l’aggiunta. Io sbalordita e disorientata i 30ml glieli davo all’occorrenza comunque, perché non li prendeva a tutte le poppate io la vedevo calma e tranquilla: non piangeva, dormiva e se si addormentava al seno di certo non la svegliavo per darle l’aggiunta. Riesco a toglierle ‘sta benedetta aggiunta (che a dir la verità è più il latte artificiale che buttavo che quello che prendeva) però intanto aveva conosciuto un modo più veloce e meno faticoso per mangiare e poi più dai da mangiare più lo stomaco si allarga…

A metà luglio non le aggiungevo più nulla. Il 23 luglio dovevamo partire in vacanza al mare in Puglia dai miei genitori per due settimane e comincia un’altra lotta con mia madre ( più faticoso del parto e dell’allattamento è tenere a bada le nonne) che sosteneva che io non so come si crescono dei bambini, che meglio mettere una copertina in più che asciuga il sudore, che il caldo e il mare danno sete e più fame e anche contro la mia volontà  mia mamma le dava il biberon con l’acqua e ogni tanto un po’ di aggiunta (che mi ero portata per precauzione in casi eccezionali).

Insomma, c’era da litigare e rovinarsi la vacanza, ma per quieto vivere la lasciavo fare qualcosa, non senza battibeccare, ma Sarah cercava la tetta e la prendeva regolarmente.

La sorpresa l’ho avuta al rientro a Parma, quando Sarah non voleva più attaccarsi al seno di giorno: da sveglia, nonostante la fame si girava nel senso opposto al seno strillando e piangendo ed io ero disperata, perché mi sentivo rifiutata, frustrata, ma ero decisa a non perdere il mio latte e a recuperare il nostro rapporto a tre con il seno.

Chiamo medici e professionisti che mi hanno seguito in gravidanza, ma proprio non se ne parla, non ci siamo per niente! Invece di aiutarmi mi demoralizzano, invece di sostenermi, mi appesantiscono di nervosismo.

Grazie invece a delle Amiche, Mamme e Ostetriche conosciute tramite l’Associazione Futura, che mi hanno ascoltata e coccolata in primis e poi consigliata e si son messe a disposizione venendo da me in men che non si dica, con tanta fatica e dedizione, tirandomi il latte, provando e riprovando, aspettando e concentrandomi, in una settimana io e Sarah siamo riuscite a riprenderci il nostro momento.

Sappiamo quanto sia importante il latte materno per una serie innumerevole di motivi, io ho solo scelto di non sacrificare il mio rapporto con Sarah per un po’ di fatica, certo, è faticoso: non hai un momento per te se vuoi recuperare l’allattamento al seno, io ho pianto tanto in quella settimana e tutti mi dicevano ma stai calma e tranquilla, mal che vada cresce lo stesso, questo è vero, ma per me come cresce fa la differenza, sapere che oltre a sfamarla, il mio petto è un porto sicuro dove può sentirsi protetta e curata, per me è vita.

Ho capito quanto sia davvero importante circondarsi di persone positive, propositive, che hanno passato come te tutte le tappe difficili, ma che non hanno mollato, anzi si son messe a ricercare il meglio e si son messe a disposizione di chi come me ha bisogno.

UN CALOROSO RINGRAZIAMENTO ALLE DUE GIUDITTE  LA MAMMA E L’OSTETRICA, A CRISTINA  E FULVIA DELLA PANNOLINOTECA, A CLELIA CHE ERA IN VACANZA.

DA UN MESE E 5 GIORNI NON ABBIAMO PIU’ BISOGNO DEL BIBERON. DIO CI HA DONATO TUTTO L’OCCORRENTE PER CRESCERE, SARAH 3 MESI E 9 GIORNI PESO 6,900KG PER 66 CM DI ALTEZZA.

GRAZIE DI CUORE,                                                                                                                         DIANA & SARAH

Storie di latte – SAM 2018 – Una storia al giorno – giorno #9 – Alice

Il primo mese di allattamento mi ha sfinita.

Il mio bimbo si è attaccato subito al seno non appena siamo usciti dalla sala parto ed è stata una gran gioia in risposta al timore, latente da mesi, che non l’avrebbe fatto mai. Poi però non gli bastava ed ogni volta che si staccava piangeva, piangeva, piangeva, piangeva…

Prima mi dicevano “meglio se sta sempre attaccato, così arriva bene il latte”, poi invece dopo un paio di settimane “prova a far passare almeno un’ora tra le poppate”. È stato difficilissimo gestire quel tempo di lacrime che ogni volta sembrava infinito.

Tornassi indietro non lo rifarei e mi godrei tutto il tempo che potevo donarci insieme, a discapito di qualsiasi altra cosa che invece in quel momento sentivo di DOVER fare.

Alla fine la “soluzione” da me un po’ sofferta è stata l’introduzione dell’aggiunta del latte artificiale: “il suo bimbo aveva una gran fame e il suo latte non era abbastanza”. In effetti si è rilassato e il primo mezzo biberon lo ha fatto finalmente dormire due ore filate!

Da allora ad oggi, che ha quasi sette mesi, continuiamo con il mio latte e l’aggiunta, che ha scoperto essere molto meno “faticosa”, per cui quando ha tanta fame e non gli interessa una coccola in più, non c’è verso di farlo attaccare al seno!

Il ricordo più prezioso: la prima volta che i nostri sguardi si sono incrociati davvero: stavo allattando e lui si è staccato e mi ha guardata negli occhi per un momento interminabile e allo stesso tempo rapidissimo…

Alice e Nicola

Storie di latte – SAM 2018 – Una storia al giorno – giorno #8 – Sabina

Porto con piacere la mia testimonianza. Quella di una mamma che non ha potuto allattare al seno. Il mio bimbo ha 5 mesi ed è nutrito con il latte artificiale fin dalla nascita. Non è stata una scelta, ma è successo: il mio bimbo è nato prima del previsto e non aveva la suzione, dopo tanti tentativi estenuanti abbiamo deciso – insieme alle ostetriche- di ricorrere al biberon. Io porto la mia esperienza come molto positiva, perché ho trovato piacevole condividere con il papà il momento del pasto, sentivo che eravamo intercambiabili nel nutrirlo e questo per me è stato molto bello. Inoltre ho cercato molti modi per favorire il contatto di pelle tra me e il mio bimbo e anche questo mi ha permesso di sentirmi molto vicina a lui e soprattutto molto attenta ai suoi bisogni. Porto con piacere la mia esperienza perché, nonostante non ho potuto provare quello che probabilmente è il contatto più naturale ed emozionante con proprio figlio, sono riuscita a trovare un ponte e un legame che mi ha fatto sentire altrettanto appagata.

Sabina, mamma di Nicolò